TUTTI IN FUGA SU SIGNAL?
di Aurora Marchesani -GO-SPA CONSULTING
Ammettiamolo, non abbiamo più certezza alcuna. Siamo arrivati nel 2021 con un balzo all’indietro forse di più di un secolo nelle nostre abitudini quotidiane da ormai un anno a questa parte. E’ diventato impossibile concederci anche solo una pausa caffè all’interno di un locale adibito, e nello stesso tempo ci troviamo a doverci occupare in maniera prioritaria delle nostre piattaforme di comunicazione.
Quello che era nato come uno svago, la messaggistica in tempo reale, o il condividere affari della nostra vita online, ha assunto un’importanza essenziale, tanto da doverci occupare con urgenza dei termini e condizioni legati all’utilizzo di questi stessi strumenti.
Se da una parte assistiamo all’egemonia social che sovrasta ogni costituzione e libertà di pensiero applicando una censura perentoria a pagine, personaggi, profili, opinioni, e che si fa sempre più rigida e pressante (non solo il Presidente Trump ha visto eliminato ogni suo account- affronto che non sarebbe probabilmente mai stato fatto a nessun Presidente degli Stati Uniti d’America o ad un’alta carica istituzionale- ma anche la nostrana pagina satirica Facebook dedicata a “Osho e le sue migliori frasi” è sparita improvvisamente dal web) dall’altra possiamo osservare la più imponente migrazione digitale della Storia. Da quando WhatsApp ha annunciato l’aggiornamento dei propri termini e condizioni legati alla privacy, infatti si è scatenato un tam tam mondiale e il conseguente passaggio ad altre piattaforme, come Signal e Telegram.
Intanto, è cosa ormai nota che il concetto di privacy sia rimasto solo un mero assunto teorico: siamo spiati, controllati, monitorati, e anche manipolati, da un sistema certamente più grande di noi, anzi, il Sistema dei Big Tech. Ogni nostro dato viene condiviso ed elaborato all’interno di un archivio mondiale che ne fa un po’ ciò che vuole, sinteticamente a fine di controllo e marketing.
Non siamo che un logaritmo di incessanti consumatori da gestire e, all’occorrenza, convertire. Ma diciamo che tutto sommato non ci è mai pesato più di tanto. Allora perché tanta mobilitazione per la questione WhatsApp? Per cominciare, l’entrata in vigore delle nuove regole è stata prorogata di tre mesi. Poca chiarezza, dubbi e migrazione di massa verso altri canali di messagistica devono aver messo in allarme il colosso Facebook, che gestisce Whatsapp, e anche Instagram.
Nulla accadrà l’8 febbraio dunque, come sarebbe dovuto essere, ma entro il 15 maggio gli utenti dovranno sapere cosa fare del proprio account. In sostanza, per quanto riguarda le nuove regole, potrebbero aumentare le aziende con cui WhatsApp scambia dati e informazioni, in particolar modo per gli account business. I dati che possono essere condivisi tra Whatsapp, Facebook e le altre aziende del gruppo non sono solo il numero di telefono e i contatti, il nome e l’immagine dei gruppi, ma anche la durata e la frequenza delle interazioni come singoli utenti e aziende, compresi i dati sulle transazioni e le informazioni sui dispositivi usati. Se non vengono accettati dall’utente questi termini e condizioni, Whatsapp potrebbe non essere più funzionante dal proprio dispositivo. Ed ecco che a questo punto è sceso in campo Elon Musk, patron di Tesla e uomo più ricco del pianeta, che con un tweet ha scritto: “Usate Signal”.
Un’operazione che ha fatto schizzare il titolo del 438%, e Signal Advance ha visto lievitare le proprie quotazioni da 60 centesimi di dollari a 70,8 dollari in un solo giorno. La capitalizzazione di mercato del titolo è balzata da 7 milioni a 3 miliardi di dollari in una sola settimana. Pare però che il post di Elon Musk sia stato frainteso, perché Signal Advance è una piccola realtà biotech che nulla ha a che fare con l’app di messaggistica! In ogni caso, “les jeux sont faits”. Ritenuta ad oggi la più sicura in termini di rispetto di condizione della privacy, studiata per ridurre al minimo la raccolta dei dati, Signal è l’app più scaricata sui dispositivi nelle ultime settimane.
E’ stata sviluppata a partire dal 2013 proprio da un gruppo di attivisti per la privacy, ed è finanziata dal fondatore di WhatsApp Brian Acton che lasciò proprio la sua “creatura” nel 2017 perché non era d’accordo con la gestione che ne faceva il gruppo Facebook. La Signal Foundation non ha scopo di lucro ed è finanziata da donazioni: a differenza dei colossi Google e Facebook non ha quindi intenzione di utilizzare ricavi dalla pubblicità. Quindi? La sensazione è anche un po’ quella che ad oggi si è sbattuti fuori da “casa propria”, senza troppo preavviso, (a volte nessuno, in caso di censura tranciante), visto che ogni account ricopre la nostra identità digitale nel modo in cui ormai non si può più fare a meno. Cosa sarà dunque dei nostri account? Abbiamo trovato in Signal un approdo sicuro che manterrà nel tempo i suoi buoni propositi?
E’ stato veramente un errore grossolano e un azzardo non calcolato quello dell’aggiornamento sviluppato da WhatsApp? Scioglieremo presto il nostro dilemma, purché non si cada dalla padella alla brace, malgrado le migliori intenzioni.